Il metallo pesato, che sostituì il bestiame come misura di valore dopo essersi per qualche tempo affiancato ad esso (come attestano alcune leggi della metà del V secolo a. C.), costituì poi fino all’ultimo quarto del IV a. C. l’unico strumento di scambio a Roma.
L’aes rude non era però ancora moneta in senso compiuto, per mancanza di una forma o di un peso riconducibile ad un sistema ponderale di riferimento.
Le prime emissioni romane risalgono all’ultimo quarto del IV a. C.: si tratta di monete d’argento e di bronzo coniato secondo il modello greco, produzioni sporadiche create dai Romani durante l’espansione verso il Meridione della penisola italica.
Le due produzioni più diffuse e pertinenti al mondo italico furono invece costituite da barre rettangolari fuse, il cosiddetto aes signatum, e pezzi fusi di forma rotonda, l’aes grave.
Non è ancora certo se le diverse serie monetali romane, a parte la prima coniazione in bronzo con iscrizione in greco concordemente attribuita alla zecca di Neapolis, fossero state prodotte da un’unica zecca o da zecche diverse, come sembra deducibile in base alla diversa circolazione degli esemplari (il bronzo è stato rinvenuto nel Lazio e l’argento in Magna Grecia).
All’ultimo quarto del III secolo a.C. si data una importante ristrutturazione del sistema monetario con l’introduzione di uno stesso tipo, la testa di Giano, per il dritto delle serie in oro detta “del giuramento”, di quella in argento dei cosiddetti quadrigati (7 a-b) e dell’asse di bronzo.
Il tipo della prua, riferibile alla vittoriosa battaglia marittima combattuta presso Milazzo dai Romani contro i Cartaginesi durante la prima guerra punica, è comune a tutti i rovesci dei nominali bronzei.