Il solido (294/296-491 d.C.)

Diocleziano, la cui politica economica è nota attraverso i documenti epigrafici e papiracei, riordinò l’organizzazione monetaria e quella delle zecche. 

Il provvedimento del 296 d.C. (1) costituì un tentativo, destinato a fallire, di mantenere in vita un sistema a più metalli, con la produzione di una moneta d’oro, il solido, di un nuovo nominale d’argento  e di tre moduli in bilione (il nummus  e le sue frazioni) (2 a-b).

In seguito l’argento puro non fu più coniato e la moneta di bilione fu sottoposta a riduzioni di peso e del contenuto argenteo. 

Con Costantino la moneta di rame non venne più difesa nel suo rapporto con la moneta aurea, divenuta il vero cardine del sistema (3 a-b). 

L’immissione di una grande quantità d’oro prelevata dagli edifici templari pagani permise la circolazione regolare di questa massa monetaria e la costituzione di un nuovo sistema fiscale legato al metallo aureo. 

Tra il 365 e il 368 si stabilì che tutti i solidi raccolti dovessero essere portati nella residenza dell’imperatore per essere immediatamente fusi e riconiati. Questo passaggio segnò il legame quasi assoluto tra la presenza dell’imperatore e il luogo di emissione della moneta aurea, mentre il bronzo veniva prodotto, in un altro luogo, con pezzi sempre più ridotti nel volume delle emissioni, nel diametro e nel peso. Infine nel 387 venne intrapresa la coniazione del tremisse  (1/3 di solido) (4 a-b) che nel V secolo giocò un ruolo sempre più importante.

Con la caduta dell’impero di occidente si ebbe una svolta riformistica nella produzione del bronzo sia nel regno africano dei Vandali che in Italia in quello di Odoacre, le cui emissioni (5 a-b)furono ispirate dal ritrovamento di un enorme ripostiglio di monete dei Flavi e a loro volta furono la probabile fonte di ispirazione per la riforma bizantina di Anastasio I nel 491 a.C. (6 a-b)